lunedì 12 dicembre 2022

The bear (Disney+)

La serie The Bear (Disney +) non è altro che una delle varianti alla classica storia di dannazione e redenzione tipicamente americana, questa volta presentata in salsa "Cucine da incubo".
Lo schema è molto simile a quello del film Manchester-by-the-sea: un eredità inconsueta e scomoda (in the Bear è un ristorante scalcinato e sommerso dai debiti), l'erede (qui, uno dei migliori cuochi al mondo), che nonostante tutti gli aspetti negativi accetta per un senso di debito famigliare e che, grazie a questa esperienza inizialmente quasi disperata, finisce per guarire da un suo antico trauma. E il finale, che non voglio spoilerare, in cui si svelano e risolvono vecchi segreti dei protagonisti.

Ognuna delle otto puntate di circa 35/40 minuti viaggia su due ritmi: uno velocissimo, rappato, videoclippato, dai colori violenti come i cambi di inquadratura (tra cui una di 5 secondi su un cosciotto di vitello che sfrigola in padella è onnipresente) in cui si raccontano i problemi e i conflitti del ristorante e dei suoi lavoratori, che scatenano una tensione (poco credibile, in realtà) superiore alla più accese puntate di "Cucine da incubo" o di "Hells Kitchen"; una seconda, più calma fatta di primissimi piani e dialoghi tranquilli, più genuina e interessante,che si regge in gran parte sugli sguardi docili di Jeremy Allen White e sulla parlata tagliente ma calma di Ayo Edebiri, splendidi protagonisti.

Un motivo per non guardarlo: le scene di litigio e isteria, sopratutto nelle prime due puntate, mettono ansia anche allo spettatore, fanno venire voglia di entrare in scena e prendere a pugni i protagonisti o urlare al televisore "Basta! Fate silenzio, calmatevi!"

Un motivo per guardarlo: è disseminato di buoni sentimenti, quasi alla Frank Capra, ma non sono ne' invadenti, ne' stucchevoli. Si infilano quasi di nascosto nella narrazione e solo alla fine della serie ci si rende conto dell'aspetto sentimentale del racconto.

Voto: 6,5. Le puntate sono abbastanza corte, per cui si seguono senza noia. La retorica della dura vita in cucina però alla lunga un po' stufa.

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